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caterina

CATERINA DE DONATO

Cavalli in corsa

Cordini di cotone di vario colore

Dimensioni Variabili

2020

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Questo lavoro site-specific nasce da un’interpretazione personale e una riflessione sulla storia della famiglia che ha dato vita all’ Horse Club Terra Jonica, una famiglia legata, tenuta assieme da una passione, da un comune denominatore, un filo: il cavallo. Il cavallo è colui che ha permesso la riqualificazione di questo luogo unico, e che pian piano è divenuto il cuore pulsante di questo stesso spazio, colui che tiene vivo questo paesaggio meraviglioso, queste “tagghiate”, con la sua bellezza, con la sua destrezza selvaggia e allo stesso tempo dolce, nonché da sempre simbolo di forza, amore, libertà e tenacia. Per questo motivo, l’opera vuole richiamare la sua energia, la sua dinamicità, la sua elettricità e velocità, che si manifesta soprattutto in gara. Ogni filo rappresenta un cavallo, difatti sono lunghi quanto un cavallo e i colori tentano di rievocare il manto dell’animale che s’incontra, s’intreccia con l’altro e soprattutto vive con l’altro.

le OPERE

HOMO CONDUCTOR

claudia

CLAUDIA NOTARISTEFANO

Connessioni naturali
Anno: 2020
Dimensioni: 110 x 90
Materiali: mixed media

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Il mio lavoro in un certo senso, racconta la nascita  del bellissimo sito dove abbiamo operato durante il workshop.

Ho pensato di dar forma ad un vaso ciotola creato dall'insieme di rifiuti, tenuti insieme dal tufo, per non dimenticare la natura passata del luogo che in precedenza si conficgurava come una discarica a cielo aperto

Questo riferimento non vuole essere recriminatorio, seppur non sarebbe comunque sbagliato, ma è teso a sottolineare quante cose possano crearsi e distrurgersi nel passsaggio di stato da materia a sua storia.

Dentro il vaso c'è un albero non vero ma che rappresenta l'animo dell natura. condizionato dal luomo e dalle sue scelte, rappresentate dagli innesti sui suoi rami.

Un innesto non è altro che la fusione, il trapianto, di due individui differenti che nel tempo si fondono fino a formarne uno solo. Innestare significa anche  "inserirsi", "connettersi". 

Il mio filo conduttore è la connessione tra uomo e natura.

 I rami tra di loro creano un esagramma: esso nasce dall'unione di due triangoli equilateri intrecciati e rovesciati.

Nella cultura ebraica questo raffigura la reciproca ricerca tra uomo e Dio -nonché tutto ciò che è natura- e la loro unione indissolubile.

Gli Innesti permettono di dare longevità a queste sei ramificazioni e prendono come punto di riferimento i 4 sensi dell'uomo e degli animali -escludendo la vista, già simboleggiata dall'occhio centrale-; questo perché è grazie ad essi hanno potuto ascoltarne la forza e l'energia, toccarne la naturalezza, respirarne e assaporarne la straordinaria essenza fino ad Abitarli.

 Questa installazione rappresenta un abitare reciproco che permette i contatti tra i sensi, potendola così di toccarla, ascoltarla, annusarla  consolidando la forza dell'unione tra essere umano ed essere naturale.

melissa

MELISSA SANTESE

Congiunti

Giornali, legno, ferro

 Cartapesta e assemblaggio

2020
 

L’aspetto principale sul quale l'opera si focalizza, è la presenza di anelli in pendenza che caratterizzano l’installazione, la quale esprime il rapporto di connessione fra uomo e natura.

L’opera è formata da tre anelli, irregolari, che ricordano la solidità della roccia, ma anche la fragilità della pietra tufacea, quest’ultima protagonista del sito. L'anello è simbolo della vita materiale e terrena, per questo, ad esempio nel Medioevo veniva rotto oppure sfilato alla morte di un congiunto, per permettere ad esso il distacco dalla terra. La scelta di creare tre anelli è espressione del concetto di perfezione che contraddistingue questo numero e che lo lega a questa forma.

L’anello all’apice della pendenza rappresenta il mondo antropizzato, mentre quello più in basso corrisponde alla natura. I due mondi s’incontrano nell’anello centrale, che racchiude una fonte di luce. Proprio la luce sarà il medium, il canale di comunicazione, tra la dimensione terrena e quella spirituale, che lega ulteriormente i due soggetti.

Il filo conduttore di quest’opera è, quindi, il passaggio etereo tra gli anelli, che sublimano la loro connessione nella posizione centrale. L’opera, infatti, lascia interpretare ai due anelli alle estremità, il ruolo di due poli, uno positivo e uno negativo che si attraggono, spinti dalla loro natura. L’analogia si rifà all’uomo, che non può fare a meno di cercare un legame con il mondo vegetale ed incontaminato, spinto dal senso irrefrenabile di restare in contatto con esso, incurvandosi verso il basso, cercandone la presenza. Così, tra l’uomo e la natura si segna un legame scolpito nell’eternità, una connessione destinata a non finire mai. Proprio come se fossero congiunti, che mai si lasceranno.

lorena

LORENA ORTELLS

Aver cura

coperte termiche

2020

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“Aver cura significa custodire la Quadratura nella sua essenza”.

L’intervento proposto nasce da una citazione del filosofo Martin Heidegger nel suo scritto “Saggi e discorsi-Costruire Abitare Pensare”.

“Aver cura” è un lavoro che emerge dalla storia e dal vissuto del luogo in simbiosi con un gruppo di persone che hanno deciso di riqualificarlo.

Le crepe, le fessure createsi nel tufo, costudiscono un racconto; attraverso l’utilizzo di coperte termiche, l’intervento tenta in qualche modo di rimarcare e nello stesso tempo ricucirne le ferite.

Materiale intriso di forti valenze simboliche, la coperta termica è utilizzata per un duplice significato: la preziosità alla quale rimanda con il suo oro e l’utilizzo nel quotidiano per proteggere e accudire l’uomo.

Riempendo le crepe con le coperte dorate, sulla scia dell’arte giapponese del Kintsugi, il concetto è quello di saldare e in qualche modo riparare quelle fragili rotture.

Così come gli artigiani giapponesi, attraverso l’utilizzo di una pasta dorata, riescono ad unire i frammenti delle ceramiche frantumate, il lavoro è stato concepito con l’idea di voler esaltare le fratture di un luogo che ha vissuto la sua storia, mostrandone allo stesso tempo la fragilità e un ritorno alla sua autentica preziosità.

raffaele

RAFFAELE VITTO

Continuo

Installazione ambientale, tufo

2020.

 

Nell’opera Continuo una serie di elementi in tufo (uguali per forma e dimensione a quelli che si trovano nel commercio edile), attraverso la una sezione diagonale, vogliono mettere in evidenza il moto dinamico della materia prima che caratterizza il luogo. La semplice pietra locale pesante e immobile, attraverso l’azione dell’uomo e della natura in realtà, è in continuo mutamento, in continua trasformazione.