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Pubblications.

What does indifference mean?, catalogo a cura di  Margaret Sgarra ISBN: 1221434896

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Think green, catalogo a cura di Margaret Sgarra ISBN -9791220360593

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- Quaderni d'Europa-Disegni contemporanei di Spagna e Italia a confronto - Collana di ricerca artistica internazionale dell'Accademia di belle arti di Bari- diretto da Giusy Petruzzelli - edito Quorumaedizioni  a cura del Comitato scientifico internazionale: Giuseppe Caccavale-, Ecole nazionale superieure des Arts Decoratifs Paris, Francia /Emanuele D'Angelo -Accademia di Belle Arti di Bari, Italia/ Georgeta Olimpia Bera- Universitatea de Arta si Design Din  Cluj-Napaca, Romania/ Riccardo Horcayada- Universidad Complutenze de Madrid, Spagna/ Ioana Olahut-Universitatea de Arta si Design Din  Cluj-Napaca, Romania/ Vittorio Parisi -Ecole nationale superieure d'art Villa Arson Nice/Antonella Sardelli-Scuola Superiore per Mediatori linguistici" Nelson Mandela" di Matera, Italia/ eArkadiusz Sedek Uniwersytet Jana Kachanowskiego w Kielcach, Polonia .

  ISBN -9788899224714

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- Nice & fair contemporary visions" a cura di Rosanna Accordino, Caterina Capantini, Valeria Cirone, Paola Curci, Giovanni Gerolin, Giorgia Gibertini, Ludovica Lamoure, Lin Li, Alice Pietrucci, Clara Rodorigo, Margaret Sgarra.-N.I.C.E. - new independent curatorial experience -Ed.Primp editoria d'arte 2.0. - ISBN -978831370264

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La Scuola di pittura dell'Accademia di Belle Arti di Bari  a cura Chielli G.- Rollo A., Prosa Edizioni - Bari, 2017

    ISBN 978-88-942413-2-7  cfr. p.87

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Texts.

IL FILO COME TRAIT D’UNION: DALLA RIFLESSIONE INDIVIDUALE ALLA PARTECIPAZIONE COLLETTIVA. INTERVISTA A GIU.NGO-LAB

Ecosostenibilità, tutela dell’ambiente e la speranza di un futuro migliore sono le tematiche di riferimento del collettivo pugliese Giu.ngo-Lab che attraverso la creazione di opere a carattere installativo polimateriche riflette sulla società odierna e sulle sue criticità al fine di sollecitare una coscienza collettiva capace di prendersi cura del mondo che verrà.

Il progetto Giun.go-Lab (identificabile anche con l’acronimo di gLAB) è nato nel 2012 e si configura come collettivo artistico di cui attualmente fanno parte: Giuseppina Longo, Fabio Bianco e occasionalmente Maria Paola Minerba.

MS: Il nome Giu.ngo-Lab deriva dalla parola “giungere” e vuole metaforicamente simboleggiare  la capacità e la volontà di raggiungimento del medesimo obiettivo da parte di persone differenti che lavorano alla stessa causa. In questa chiave di lettura, il vostro progetto si configura come gruppo artistico chiuso ma allo stesso tempo aperto a collaborazioni esterne. Potete raccontarci come è nata questa idea e qual è la vostra mission?

 

GL: Il progetto gLAB nasce da un’esigenza narrativa che si nutre di un substrato esperienziale di crescita e partecipazione sociale, teso a raccontare le esperienze di persone comuni che vivono in questo tempo e in questo mondo.

Le diverse peculiarità culturali che contraddistinguono il nostro collettivo, ci hanno dato modo di guardare in maniera più ampia quello che ci circonda, facendo nostro il concetto di aggregazione e socialità.

MS: Il filo presente nel vostro lavoro ha una duplice valenza: materica e concettuale. Da un lato è fisicamente presente sotto forma di filo elettrico conduttore, dall’altro come elemento di congiunzione tra il sé e l’altro: una sorta di trait d’union tra diverse individualità. Questo aspetto è evidente anche nei workshop che avete realizzato dove sono stati coinvolti anche studenti dell’Accademia e giovani artisti emergenti. Cosa rappresenta per voi il filo?

 

GL: Il filo è diventato un materiale fondamentale della nostra ricerca, un’entità fisica e concettuale pulita che evoca, sintetizza, delimita e scivola su ogni superficie. Il filo conduttore si lega alle parole di Rocco Scotellaro sulla Questione Meridionale, nasce da quelle di Carlo Levi e si materializza come medium industriale decontestualizzato e senza tempo, con il quale connettere metaforicamente luoghi e concetti. Lavorare con il filo, per noi, è tessere un concetto senza mai interromperlo, tutto in unico segno che non si spezza, il filo diventa uno strumento che riconduce ad un’idea.

MS: I vostri lavori sono spesso site-specific: hanno una stretta connessione con il luogo in cui determinano e vengono realizzati studiando le caratteristiche dello spazio di riferimento. Quest’estate siete stati invitati a partecipare a Todi Open Doors e avete realizzato per Palazzo Spazzoni una Mater con filo elettrico. Parlateci di questa installazione.

 

GL: Todi Open Doors è stata metafora della porta intesa come apertura-incontro e come intima chiusura liminale tra spazio aperto e privato. In questa dimensione è nata la nostra opera che custodiva in sé i valori metaforici di questo ragionamento, immaginando una divinità che protegge le case, ma che nasce da una rossa luce disturbante. Il filo elettrico era il congiungimento ideale tra la città che ci ha dato i natali, ovvero Taranto, e la città nella quale abbiamo trovato ospitalità, Todi. Il filo, delineava la divinità dell’acqua che si estrofletteva da un pozzo, illuminata da luce rossa, metafora del pericolo.

Una Madonna/Madre che diventava messaggera paradigmatica di un’allerta ecologica e sociale.

L’esostenibilità ambientale deve passare da una ecosostenibilità intellettuale.

Mater 630 km di filo conduttore, Todi Open Doors 2022

MS: Le vostre opere sono polimateriche e sempre differenti. Come scegliete i materiali con cui realizzarle e quali sono i prediletti?

GL: Il polimaterismo è un’identità fluida. Oggi, i materiali a nostra disposizione sono sempre di più e sempre più variegati. Ognuno di essi è adatto a evocare e raccontare una storia differente. In questi anni di lavoro insieme, abbiamo prediletto materiali che si collegano alla trasparenza e alla riflessione visiva ed intellettuale, tra cui in primis l’acqua. Il filo elettrico utilizzato negli ultimi lavori conduce il pensiero verso la spiritualità e cultura del rispetto, nei confronti del mondo che abitiamo temporaneamente e degli esseri viventi che lo popolano. Vetri, plexiglass, acetati, tele, carte, plastiche, disegno vettoriale e fotografia, installazione sono le strade che ci riguardano, nel senso che guardano a noi da una prospettiva rovesciata, per citare Florenskij.

Il mio doppio chiede aiuto, Associazione Casa Natale Antonio Gramsci, Ales

 

MS: Secondo voi, qual è il ruolo dell’arte e degli artisti nella società odierna?

GL: Domanda difficile…essere artisti è ed è sempre stato come essere viandanti cantastorie, stimolati da crossover e relazioni tra cose,  spazi e  persone.

Operaio di un’azienda che confeziona sogni necessari alla vita, l’artista è un operatore sociale libero che conosce i mezzi della rappresentazione visiva e possiede una sensibilità concettuale tale da poter raccontare in modo neutrale il proprio tempo.

Vivendo in un secolo dove l’immagine ha un’importanza notevole e in cui siamo iperconnessi ai social, la velocizzazione delle sequenze trova la sua conclusione naturale nella ricerca della “spettacolarità” di ogni cosa, determinando la morte di una suggestione immaginativa, capace di evocare e accendere domande e pensieri a lungo termine. Essere in grado di tirare e far tirare, di tanto in tanto, il freno a mano; questo per noi vuol dire essere artisti.

 

MS: Quali sono i vostri prossimi progetti?

GL: Tra pochi giorni parteciperemo al BAF di Bergamo con ArteMorbida, nell’ambito del progetto espositivo XS curato da Barbara Pavan con un’opera che ha come soggetto una frazione di filo conduttore su tela di piccolo formato. Sempre a gennaio, saremo impegnati in Sardegna, a Ghilarza, con la mostra Indifference, progetto itinerante che ha come tema l’indifferenza nella società contemporanea.

Serie Lucania61XS, alcuni cm di filo conduttore
4 formelle 30×30 cm – filo elettrico e chiodi su polyonda intelaiata e legno

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Chi è gLAB

Il progetto Giu.ngo-lab (gLAB) nasce ufficialmente il 20 Luglio del 2012 ed è letteralmente una sciarada nata dalla firma dell’artista Giuseppina Longo che segna il sodalizio artistico con Angelo Fabio Bianco, artista e dottore zootecnico delle specie acquatiche. La parola “giungo” sostanzia l’azione del “giungere” allo stesso obiettivo lavorando a più mani, oggi nell’acronimo di gLAB. Il duo diventa cuore e corpo di un progetto comune che punta alla creazione di uno spirito contemporaneo.

Uno studio artistico in cui l’ambiente biologico viene messo a confronto con l’impatto antropologico e sociale dell’uomo, al fine di provocare una reazione nella coscienza collettiva che tenga in considerazione i principi imprescindibili dell’ecosostenibilità intellettuale.

Giu.ngo-LAB ha esposto in diversi contenitori come Sala Dogana, Palazzo Ducale di Genova; Camec – Centro di Arte Contemporanea di La Spezia; Castel dell’Ovo di Napoli; QC Termemilano, Palazzo Officina Eventi ex Fondazione. Fizzacarraldo di Milano; Palazzo QC Termetorino, Contemporary Artcenter Palazzo dell’Artiglieria di Torino; Fondazione Sassi di Matera; e per le gallerie Innerspace, Fusion Art, Casa dell’Ambiente di Torino e Spazio52 di Altamura (BA). Il collettivo ha condotto diversi workshop sul territorio nazionale ultimo tra i quali “Abitare l’arte” a cura di M. Angelastri presso l’Accademia delle Belle Arti di Bari.

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In una geografia dell’arte in cui può apparire utopica l’esigenza di vivere una responsabilità sociale del proprio lavoro Giuseppina Longo propone un’idea aperta alla società e al territorio, nel fermo convincimento che l’esperienza della condivisione sia l’unica in grado di appagare il proprio desiderio di autenticità individuale.
Per questo occorre parlare di lei come di un’artista al plurale, per il suo legame inscindibile con il gruppo denominato GIU.NGO-LAB, in cui concreta la ricerca artistica grazie all’apporto di Maria Paola Minerba e Angelo Fabio Bianco, persone diverse per attitudine, formazione e competenze.
Orizzonte comune è fare dell’arte un metodo capace di indagare criticamente la realtà e leggerne i paradossi più evidenti, con la segreta ambizione di dare forma a una prassi artistica capace di innescare nello spazio fisico e mentale dell’osservatore possibilità generative di nuovi equilibri. Così, il dialogo tra arte e scienza, natura e cultura, locale e globale, viene traslato in veri e propri dispositivi comunicativi, in cui confluiscono fotografia, materiali industriali e risorse tecnologiche.
In Habitat, l’installazione è forma di riflessione su come l’Uomo abita il mondo, sulla sua condizione di isolamento, in una società che vede

contrapposti e contrastanti processo economico, progresso culturale ed equilibrio ecologico ed è, a un tempo, dispositivo di allarme, che segnala l’urgenza di modalità diverse di relazione in cui ricomporre la propria e altrui diversità.
L’acqua è fattore decisivo di interpretazione: da fluido ancestrale evocativo dell’osmosi embrionale nel grembo materno, diventa elemento di separatezza dall’ambiente naturale e dal cosmo, cosicchè la diade madre-bambino si trasforma in una relazione duale che manca di reciprocità.
Della gravità del corporeo, più nulla: solo la fluidità delle immagini in contenitori cilindrici installati in raccordo scalare. Nel percorso dello sguardo, che aspira a farsi narrativo, finanche il rassicurante spazio dell’abitare domestico reclama un andare oltre la superficie liminale di ogni contenitore, di soglia in soglia, in un processo continuo che lascia irrisolta la relazione uomo/donna, obbligando all’ascesi.
Ma l’ascesi non può essere ricondotta semplicemente a un tentativo di sopravvivenza, perchè espressiva di una tensione che muove ogni nostra azione, fosse anche soltanto quella di gridare il proprio disagio, come ne Il mio doppio chiede aiuto e in Metodo di respirazione di massa

Agli autoritratti fotografici sdoppiati e urlanti all’interno di barattoli ermetici pieni d’acqua si contrappone la maschera del subacqueo, adottata paradossalmente per poter respirare nell’aria grigia di un ambiente urbano dominato da grattacieli di periferia - riferimento diretto alla drammatica condizione dell’abitare a Taranto, stretta nella morsa di molte contraddizioni provocate dalla crisi post-industriale.
Tuttavia, nessuna garanzia ci è data circa l’esito delle nostre azioni: occorre mettere in conto la possibilità di un fallimento: in Precarietà di un buco nell’acqua il disincanto di chi cerca e non trova viene traslato nella mimica facciale di ritratti fotografici, che stanno come irrelate immagini di un insieme scomposto casualmente sul piano. Le ritroviamo all’interno di sferoidi mutanti a comporre un circuito subacqueo di orbite in sospensione.
L’acqua, ancora una volta, ridetermina il peso delle immagini: ogni volto sta al posto di un’intera generazione che non riesce a intravedere nel presente una possibilità di futuro.
Di fronte a tale constatazione di precarietà, che non è solo presa d’atto di una perdita, quanto piuttosto della natura esigenziale dell’Uomo, è ancora possibile pensare un mondo diverso in questo mondo?
La risposta è rintracciabile investendo sul bisogno di condivisione e di ricerca creativa dei giovani - sostiene GIU.NGO-LAB - trasformando lo spazio urbano in una sorta di “stazione sperimentale” dove l’arte si fa processualità legata alla vita reale, che non può essere prefigurata e giunge alla scoperta di esiti imprevisti. Come a Monopoli, dove l’ipotesi di lavoro, da azione ecologica - pulire la piazza della città dopo il sabato sera - diventa occasione per plasmare un bestiario immaginifico e allegorico; o come a Taranto, dove un improvviso acquazzone, irrompe in corso d’opera, scavando la figurazione già dipinta sui grigi blocchi di cemento della banchina di attracco, fino al determinarsi di un rapporto senza soluzione di continuità fra terra e mare.
Anche in Scomposizione di un piano liquido la contingenza è all’opera. La citazione di 32mq di mare di Pino Pascali, infatti, viene modificata da un imprevisto: l’acqua ha reso più instabile la percezione del fondo in ogni riquadro, restituendo di ogni immagine la sua natura dialettica tra superficie e profondità, più che mai pertinente se letta come natura sottomarina.
GIU.NGO-LAB istituisce, dunque, grazie a una passione esperita in gruppo ed estesa al

contesto, una intelligenza delle emozioni nello spazio di un ambiente specifico. Perchè, in fondo, il miglior luogo per la ricezione di queste opere è quello che sta dentro di noi, in quanto spettatori capaci di simbolizzare il nostro mondo attraverso ciò che vediamo, secondo un’imprevedibilità che destabilizza ogni finalità progettuale prefissata. Se si sarà trovato un senso a questo modo molto speciale di attraversare la realtà, allora sarà stata erosa quell’opacità del mondo che Calvino definiva “una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita” (Lezioni americane, 1993). L’acqua avrà scavato la pietra, ovvero la cecità del nostro guardare: gutta cavat lapidem..

Maria Angelastri-Accademia di Belle Arti di Bari-

QUARTA EDIZIONE PER TODI OPEN DOORS. E LA FIBER ART TORNA NEGLI ANDRONI DEI PALAZZI STORICI

(...)La sacralità dell’acqua è invece il tema dell’installazione del collettivo pugliese Giun.go-lab, collettivo artistico nato nel 2012 e composto da Giuseppina Longo e Fabio Bianco. Mater, 630 km di filo conduttore ha la forma di una Madonna immersa in una suggestiva luce rossa, una figura

che prende forma da un filo elettrico che ne definisce i contorni senza soluzione di continuità e che emerge dal profondo dell’antico pozzo del palazzo. Madre per la sua capacità di nutrire la vita, di esserne anzi presupposto essenziale, ma anche apparizione inquietante nella luce incendiata che allude all’allarmante condizione delle risorse idriche del nostro pianeta, l’opera celebra il miracolo dell’acqua che idealmente potrebbe arrivare a questa fonte scorrendo per i 630 km che la separano da Taranto, città natale dei due artisti e, ahimè, terra pesantemente compromessa dall’inquinamento derivato dall’azione dell’uomo. Le molteplici dualità di quest’opera in cui materiale industriale e materia naturale veicolano sacro e profano, il placido scorrere della vita e la minacciosa devastazione dello sfruttamento indiscriminato della natura, lasciano aperta la riflessione su dove conduca – davvero e infine – il filo conduttore e quale sia la responsabilità di ogni individuo sulla meta di questo viaggio.

Todi Open Doors, Bilancio edizione 2022

(...) Infine quello che maggiormente ha catalizzato il nostro interesse per la sua fortissima contemporaneità, raffinatezza e incisività è l’opera del collettivo italiano Giu.ngo-Lab, squadra formata da Giuseppina Longo e Angelo Fabio Bianco che ragionano sulla sostenibilità ambientale ed intellettuale portando a tema il sincretico connubio tra arte uomo e suo spirito, ragionando con il sacro ed il profano. L’opera presso Palazzo Friggi Spazzoni – Via San Lorenzo 40 – dialoga in site-specific con un antico pozzo presente nell’atrio da cui si dipana un filo elettrico, un filo conduttore edito della serie dei fili conduttori di gLAB (acronimo del gruppo). Una sola linea continua nera, modellata e cucita, che mai si interrompe per raccontare un lungo viaggio ideale tra Taranto e Todi, la prima una città consumata dall’inquinamento e la seconda di matrice etrusca, città dedita alla contemplazione della natura, che vede in essa l’entità protettrice delle risorse terrestri. Dal filo nasce una madonna del pozzo che è custode materna di una risorsa come l’acqua, illuminata di un rosso potente a luce led che illumina la nicchia nel quale lavoro è inserito, ragionando con la contemporaneità. Il filo sembra sostanziarsi in un evocativo rapporto tra segno e distanza facendo eco alle ancone bizantine in chiave post-industriale.

Elogio al camaleontismo e all’incoerenza per sopravvivere al caos contemporaneo

L’accettazione e la convivenza travagliata con il proprio doppio, nonché personale alter ego, è il tema dell’installazione del collettivo Giu.ngo-Lab, dal titolo il mio doppio chiede AIUTO. Il dualismo assume connotati morfologici, materializzandosi all’interno di barattoli in vetro pieni di acqua, in cui l’uomo ha voluto confinarlo. Cinque barattoli racchiudono l’immagine di una donna implorante la liberazione, simbolo della molteplicità che ognuno porta con sé. Il doppio è soggiogato e protetto, nonostante chieda espressamente di manifestarsi, in un grido sordo ma disperato. L’acqua è insieme elemento distintivo e positivo, rappresentando metaforicamente la linfa vitale, il substrato sul quale può radicare e crescere il seme del rinnovamento.

L'ironia di Dario Agrimi e in brand Sagg Napoli per le Mostre in Puglia
 

(...)  Matera infine, nel fascinoso Sasso Barisano, è ambientata la collettiva Pater curata da Simona Caramia. Primo step di un progetto di collaborazione tra l'Accademia di Belle Arti di Bari, per iniziativa di Giancarlo Chielli, e la Fondazione Sassi, che confluirà nel festival "La terra del pane" nel 2019 (info 0835.333.48).

La mostra riunisce tre giovani artisti pugliesi prendendo spunto dagli archetipi della terra. Così Mariantonietta Bagliato adagia sul pavimento enormi chicchi di grano in stoffa: non duri e respingenti ma morbidi e accoglienti. Evocative di una Grande Madre sono più esplicitamente le silhouettes femminili disegnate su lunghi teleri in carta da Giulia Barone.

Mentre Giu.ngo–LAB (alias Giuseppina Longo e Angelo Fabio Bianco) attualizza il messaggio antropologico dello storico dipinto di Carlo Levi Lucania 61, stilizzandone a parete i profili delle figure con un simbolico "filo conduttore" elettrico.

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Gutta Cavat Lapidem

In an artistic geography in which, the necessity to live one’s own work with an eye toward social responsibility could appear utopian, Giuseppina Longo offers an idea open to society and to territory, with her firm belief that only sharing can fulfil one’s own wish for individual authenticity.
For this reason it would be right to speak about her as a plural artist, also for her indissoluble bond with GIU.NGO-LAB group, in which she realizes her artistic research thanks to Maria Paola Minerba and Angelo Fabio Bianco contribution, different persons for aptitude, education and skills.
The common horizon is to turn art into a method capable of investigating reality from a critical point of view, so to recognise its paradoxes and to give shape to an artistic practice that is able to triggering and create, in the observer physical and mental space, new possible balances.
In this way, the dialogue between art and science, nature and culture both local and global, is translated into veritable communicative devices, in which photography, industrial materials and technology resources come together.
In Habitat, the artistic installation is food for thought on how Man lives in the world, on his own isolation in a society in which economic process, cultural development and ecological balance are counterposed and conflicting. In this sense the installation becomes a warning device that points out the urgency of a different social relationships structure in which re-create one own and other people’s differences.
Water is the discriminating factor for interpretation: from ancestral fluid evoking the embryonic osmosis in mother’s womb, it becomes feature of detachment from natural environment and from cosmos, so that the couple mother-son turns into a dual relationship lacking in mutuality.
The physical gravity does not exist anymore: just the images fluidity inside cylindrical containers settled in a stepped structure. In the look path, that becomes narrative, also the comforting domestic living space, claims to go beyond the surface threshold of each container, from threshold to threshold, in a continuous process that leaves unsolved the man-woman relationship and forces to the ascesis.
Ascesis however, cannot be just an attempt to survive, because it is the expression of a striving that moves each our action, even if just to shout one’s own distress as in My double calls for HELP and in Method of mass breathing.

Against the photographic self-portraits split and shouting inside airtight containers full of water, it is opposed the dive mask, used as a paradox in order to breathe in an urban suburb area overlooked by skyscrapers – with a direct reference to the tragic condition of living in Taranto, a city paralyzed in the grip of post-industrial crisis contradictions.
However no guarantee is given about the results of our actions: the possibility of a failure must be taken into account: in Precariousness of a “hole in the water”

(that is the Italian idiomatic expression to say to draw

a blank), the disenchantment of a seeker that does not find anything is transferred to the facial expression of photographical portraits, like images without connection and set casually in a broken amalgam.

We find them into spheroids moving so to compose

an underwater circuit of suspended orbits.
Water once again, determines the images weight: each face represents a whole generation that cannot glimpse the future in its own present.
By realizing the precariousness, that does not means just to realize a loss, but above all to realize the utopian nature of human needs, Is it possible to think about a different world in this world?
The answer can be find by investing in the need of young people for sharing experiences and artistic research – GIU.NGO-LAB asserts – by transforming an urban space into a kind of ‘experimental station’ where art becomes process art closed to real life, which cannot be foreseen and leads to unexpected outcomes. It occurs in Monopoli where the concept of work, from ecological action – cleaning the city square after a Saturday night – is taken as the opportunity to create a kind of allegorical and imaginative bestiary; and also it occurs in Taranto, where a sudden downpour, falling down while the artists were at work, digs into cement grey blocks of the quay, creating an unforeseen relationship between land and sea without interruption.
Also in Decomposition of a liquid plane, contingency has a great rule. The quotation to Pino Pascali 32mq di mare, is modified by an accident: the water produced a distorted vision of the bottom in the bowls and translates each image in its dialectic dimension between nature and depth, which makes sense above all if it is perceived as

underwater nature.
GIU.NGO-LAB invents, thanks to a strong passion experienced in a group and extended in the context, an emotions intelligence in a specific space.

This is because the best place in which this works can be perceived is inside ourselves; we that are active spectators capable of symbolize our world through what we see, following an unpredictability that destabilizes each kind of scope of the project that the artist plans.

If somebody is able to make sense to this particular way of living and interpreting reality, so that will be the moment in which the world will lose the opacity that Calvino defines as a “ slow petrifaction that is more or less in an advanced stage depending on people and places, but affects each aspect of life

(Lezioni americane, 1993). Water will have dug the stone, that is the blindness of our sight: gutta

cavat lapidem.

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Paratissima 2020 – Art Station. Lo specchio di una società in frantumi

(...)Chiusa in sé stessa, l’umanità non impara a conoscersi e a convivere con il proprio io. Il mio doppio chiede AIUTO di Giu.ngo-lab è il riconoscimento di un dissidio interiore intramontabile, che sdoppia l’uomo in un continuo alternarsi pirandelliano di realtà e apparenza. Il dualismo è racchiuso in cinque barattoli di vetro colmi di acqua, in cui una donna implora aiuto. L’opera è il riconoscimento palese del proprio doppio ben nascosto, il grido non riceve ascolto e germoglia nell’acqua, ovattato dal recipiente che lo contiene.

 

A piedi nudi nel parco…conversazione green con la giovane curatrice Margaret Sgarra.

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Margaret Sgarra, Nicers di paratissima 2020 per la mostra Elogio al camaleontismo e all’incoerenza. Come sopravvivere al caos contemporaneo, oggi curatrice della mostra torinese THINK GREEN!, ­selezionata insieme a Paola Curci per la co-curatela del Premio Torino Creativa per Paratissima a Torino e futura curatrice della mostra collettiva FRAGILE. Maneggiare con cura presso il MAKE di Udine.

Abbiamo visto l’esposizione riuscitissima di THINK GREEN! alla Casa dell’Ambiente e oggi ne parliamo con la sua curatrice. La mostra ha visto la partecipazione di artiste e artisti provenienti da tutta Italia: Valentina Albanese, Anatema, Laura Ansaloni, Federica Cipriani, Gabriella Gastaldi Ferragatta, Giu.ngo-Lab (gLAB), Laura GuildA, La Chigi, Daniela e Francesca Manca, Daniele Notaro, Elisabetta Onorati, Samantha Passaniti, Francesca Rossello
Ti proponiamo gli artisti che abbiamo preferito passeggiando con te ad inizio autunno sulle rive del Po. 

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(...)Abbiamo trovato molto efficace ed estremamente suggestiva l’operazione di gLAB (Giu.ngo-Lab) che ha realizzato un’istallazione in site-specific a finestra, immergendo la location in un insistente rosso sangue. Come è nata la collaborazione con il collettivo tarantino?


Ho avuto la fortuna di conoscere il collettivo gLAB l’anno scorso durante le selezioni per la realizzazione della mostra Elogio al camaleontismo e all’incoerenza. Come sopravvivere al caos contemporaneo, co-curata insieme a Clara Rodorigo per Paratissima. Da quel momento abbiamo iniziato a collaborare insieme ad una serie di progetti, alcuni dei quali stanno ancora prendendo forma. Nel loro lavoro, ad esempio, l’ecosostenibilità è un tema di ricerca che viene affrontato in diverse opere, alcune delle quali, site-specific. Con questo termine s’intende la realizzazione di un’opera realizzata appositamente per il luogo nel quale si deve inserire, si tratta dunque di un’operazione complessa. Questo consente di fondere la pratica artistica con lo spazio, valorizzandolo e sottolineando le sue caratteristiche.
Per THINK GREEN! il collettivo ha realizzato un’opera site-specific che si colloca su una finestra della stanza: questo oggetto è di per sé simbolico perché rappresenta un’interazione con lo spazio che porta l’individuo a rapportarsi dall’interno all’esterno e viceversa. 
È un’installazione che necessità uno sforzo maggiore da parte dei fruitori per essere compresa. In essa nulla è lasciato al caso: la scelta del materiale, del colore, dei suoi personaggi, sono frutto di uno studio ponderato, di una ricerca profonda, come spesso accade nelle opere di gLAB. Ad esempio, l’atmosfera rossa nella quale vengono inserirti i soggetti rappresentati, indica l’emergenza e il pericolo. Questo colore, inoltre, è complementare del verde che è anche considerato il colore della speranza. I protagonisti della scena sono: da sinistra, il “Perdono” di Taranto, a destra due persone che incarnano l’umanità rassegnata. Ma sicuramente è il primo ad essere una figura dirompente.

Dirompente la figura sincretica del “Perdono” che suggella quasi un patto apocalittico tra noi e l’altrove. Raccontaci dell’opera di gLAB.
Esatto, il “Perdono” è una figura simbolica che il collettivo ha preso dalla processione misterica di Taranto, città che ad oggi versa in condizioni critiche sul piano dell’inquinamento. Egli giunge in questo luogo simbolico (che è la Casa dell’Ambiente) per portare un messaggio di avvertimento: bisogna preservare la sfera ambientale altrimenti la situazione di emergenza non potrà che peggiorare e si trasformerà in catastrofe irreversibile. È un’opera complessa e importante, che ci invita a riflettere sulle nostre possibili responsabilità in questa situazione. Attraverso la luce proveniente dall’esterno, sul pavimento della sala si proietta una sorta di tappeto rosso che interagisce e a tratti si scontra con i cromatismi verdi (delle opere e delle luci) che compongono la sala. L’idea generale è quella di farci sentire colpevoli e domandarci quale sia la nostra condotta nella vita di tutti i giorni. La risposta, senza mezzi termini, è che ogni persona potrebbe probabilmente fare di più per preservare la natura. Quindi, oltre l’aspetto esasperato dell’installazione, si nasconde un significato ben preciso che sfugge a chi la guarda distrattamente. (...)

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Intervista a Giu.ngo-lab (glab) sul workshop per open call HOMO CONDUCTOR 2020

Il 24 settembre l'exhibition del workshop di Homo conductor ha inaugurato il suo evento finale espositivo con un altissimo numero di presenze e nel contempo un’attenta e rigida attenzione alle norme anticovid in una cornice straordinaria come le cave tufacee di San Giorgio Jonico. Il gruppo Glab ha concluso il suo workshop, svoltosi nel mese di settembre con i 17 giovani artisti selezionati per Open Call nazionale tra gli Istituti di alta formazione più prestigiosi del territorio nazionale. Il progetto collettivo Giu.ngo-lab (glab) nasce ufficialmente il 20 Luglio del 2012 e prende il nome letteralmente da una sciarada nata della firma dell’artista Giuseppina Longo che segna il sodalizio artistico con Angelo Fabio Bianco, dottore zootecnico delle specie acquatiche.  La parola "giungo" traduce il lavoro a più mani per "giungere" allo stesso obiettivo.
La loro unione diventa cuore e corpo di un progetto comune che punta alla creazione di uno spirito contemporaneo. Uno studio artistico in cui l’ambiente biologico viene messo a confronto con l’impatto antropologico e sociale dell’uomo, al fine di provocare una reazione nella coscienza collettiva che tenga in considerazione i principi imprescindibili dell’ecosostenibilità intellettuale.
L’acqua, metafora della vita costituisce il leitmotiv del progetto, posta come substrato sul quale si possa radicare il seme del rinnovamento. Un lavoro di sinergia installativa a cui prende parte dopo poco tempo la designer tarantina Maria Paola Minerba. Nel 2012 il progetto Giu.ngo-LAB comincia la sua attività esponendo in diversi contenitori, alcuni tra i quali: Sala Dogana a Palazzo Ducale di Genova, Camec, Centro di Arte contemporanea di La Spezia, Castel dell'Ovo di Napoli, QC Termemilano, Palazzo Officina eventi ex fond. Fizzacarraldo di Milano e Palazzo QCTorino e per le gallerie Innerspace, Fusion Art di Torino e Spazio 52 di Altamura (BA) etc.

Giu.ngo-Lab è anche pseudonimo dell'artista Giuseppina Longo in diversi progetti, collaborazioni e workshop con le Istituzioni e con altri artisti, operazioni artistiche nelle quali mettere sempre a tema la coscienza collettiva per l'ambiente. Usare questo nome rappresenta la mission sociale a cui l'artista attiene per instillare anche solo un piccolo seme nei suoi collaboratori, Giu.ngo-.Lab è fucina dei valori e dei talenti.  
Il gruppo esiste anche in ogni singolo dei suoi componenti e vive nelle vite professionali di ogni suo membro. 

Come è stato per voi gestire una mole ingente di lavoro organizzativo in un solo mese di lavoro?
-Glab è un collettivo, e questa è la nostra forza, ognuno di noi ha un ruolo e dei compiti precisi e il nostro lavoro è un’armonia tra le parti. Un mese o un anno non fanno differenza per noi, grazie alla nostra forte unione riusciamo a lavorare con solerzia e certamente con non pochi imprevisti tentando però di fare il possibile per il nostro obiettivo finale.

Come è nato il progetto Homo Conductor?
-Il workshop nasce dall’esigenza di dare una continuità alla nostra ricerca che si sviluppa su più piani, non solo attraverso l’arte e quindi con la creazione di opere nostre ma anche attraverso la creazione di uno spirito condiviso votato al “pensiero pulito ”, pertanto se un pensiero si amplifica e si condivide, allora il movimento cresce. Sostanzialmente un pensiero pulito diventa una mole di pensieri puliti e di buoni intenti, che a sua volta generano un arte votata alla creazione di uno spirito sostenibile che porti tutti ad agire positivamente per il proprio territorio. Homo conductor è un uomo conduttore di idee, colui che attraverso gli altri lavora per la propria Terra. 

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Come siete partiti per definire il progetto?
-siamo partiti dall’esposizione Pater a Matera nel 2019, curata dalla storica dell’arte Simona Caramia con la Direzione artistica di Giancarlo Chielli, oggi Direttore dell’Accademia di Belle arti di Bari, rassegna coordinata dallo storico Valerio Vitale con un lavoro dal titolo 200 mt di filo conduttore, un lavoro su Carlo Levi e Rocco Scotellaro realizzato in residenza presso la Fondazione Sassi di Matera. Il nostro lavoro si configurava come una rilettura di Lucania 61, storico telero di Carlo Levi in chiave contemporanea, tentando di rileggere la Lucania di oggi attraverso quella di ieri. Il lavoro è stato realizzato con un filo conduttore di circa 200 mt, installato appositamente per la Fondazione Sassi senza mai tagliare il filo, a questo link potete vedere il video dell’allestimento dalle riprese a 360° in Hiper Laps di Fabio Plasmati, https://www.youtube.com/watch?time_continue=4&v=JBjgLf-7eK0&feature=emb_logo&ab_channel=FabioPlasmati.

Ho visto il vostro lavoro esposto per la mostra Pater e l’ho trovato davvero interessante ed efficace, ritengo che si veda un passaggio storico importante della storia della terra materana in parallelo con i nostri giorni. Come vi ha portato in queste splendide cave?
-Sostanzialmente noi volevamo che il filo conduttore si smaterializzasse diventando un intento che avrebbe potuto muovere questi giovani artisti, da oggi facente parte della famiglia di glab, e che sono letteralmente diventati le nostre parole su un foglio ancora da scrivere. Dunque un filo trasparente fatto di azioni e progetti concreti. Le cave dal canto loro hanno rapito il nostro sguardo dopo essere venuti in struttura, accolti dallo straordinario staff dell’Horse Club Terra Jonica che ha fortemente voluto una nostra azione in questo luogo unico nel suo genere.

 

Come avete lavorato per la realizzazione del Workshop?
-Siamo stati invitati nella bellissima location di Horse Club Terra Jonica per condurre un’iniziativa culturale e collaterale al Premio Nazionale Dei due Mari, torneo a 5 stelle con lo chef di piste Uliano Vezzani, grande professionista di levatura internazionale. In un secondo momento, innamorati del luogo, abbiamo contattato Nicola Fasano e ci siamo sentiti tutti parte dello stesso progetto, che francamente si è scritto da solo. Successivamente abbiamo indetto l’open call che è partita per invito personale e con contatti interni e poi in seconda istanza, con in un’altra trance per contatti esterni su autocandidatura. Dopo, selezionati i ragazzi, che inizialmente dovevano essere 10 (ora sono 17) abbiamo calendarizzato tre lezioni dilazionate nel tempo di un mese. All’iniziativa ha preso parte come staff del progetto anche l’artista Marina Quaranta, professionista che abbiamo fortemente voluto dentro Homo Conductor e che ha preso parte a tutti gli step del workshop dandoci una significativa partecipazione, molto utile per i nostri giovani corsisti. 

 

Cosa avete ricercato negli allievi?
-innanzitutto, nella loro ricerca artistica, un’attenzione alle dinamiche della natura, prediligendo portfolio diretti alle problematiche sociali, ma che dimostrassero anche personalità che fossero in linea con Glab, ovvero: aperta, dinamica, determinata e fortemente professionale. Abbiamo ricercato studenti in corso o fuori corso nelle prestigiose istituzioni nazionali che fossero di origini pugliesi e abbiamo scremato sino ad arrivare ad un gruppo ben bilanciato. Abbiamo aggiunto sette alunni del sez. LAS del I.I.S.S Ruggieri di Massafra che svolgessero uno stage con i ragazzi più affermati, trasformando l’iniziativa anche per loro in una vera opportunità.

 

Come sono nati i lavori degli artisti che avete selezionato?
-I lavori sono nati dai ragazzi che sono stati preparati sulla tematica di …un altro futuro possibile. Essi sono stati a diretto contatto con il luogo (Le Tagghiate di S.G.J) maturando dei lavori che in un secondo momento sono stati condivisi con il gruppo di lavoro. Infine l’allestimento ha restituito per alcuni di loro tutte le problematiche di un luogo così puro e complesso sino ad arrivare alla mostra che avete visto ieri sera.

 

Avete un lavoro preferito che meglio inquadra la poetica di glab?
-non ci sono lavori preferiti, noi non abbiamo curato i lavori, per noi glab è un collettivo che si allarga e accoglie pensieri e proposte. La “g”del nostro abbreviativo è per scelta scritta con la lettera minuscola per rimarcare il principio democratico del gruppo. I lavori pensati dagli artisti selezionati al workshop hanno restituito una ricerca poliedrica basata sul filo conduttore, entità che noi intendiamo sia segno del cambiamento sociale, sposandosi con un luogo unico nel suo genere. I nomi degli artisti e le loro scuole sono :Caterina De Donato-Accademia di belle Arti di Brera (Milano)/Claudia Notaristefano - Accademia di belle arti di Firenze/Agostino Ruggiero-Facoltà di Architettura, Politecnico di Torino/Lorena Ortells - Accademia di belle Arti di Napoli/Melissa Santese- Facoltà di Architettura,Università degli Studi della Basilicata UNIBAS di Matera/ Luca Quercia - Accademia belle arti di Bari/Davide Marrone - Accademia belle arti di Bari/Aurora Avvantaggiato: Diplomata in scultura- presso l’Accademia di belle Arti di Bari/Raffaele Vitto: Diplomato in Scultura presso l’Accademia belle arti di Bari/Angela Campobasso: Diplomata in pittura presso l’ Accademia belle arti di Bari/Mariagrazia Carpignano-L.A.S Massafra-sez. Arti Visive/Francesco Festa L.A.S Massafra-sez. Arti Visive Alessandra Anelli Diplomando L.A.S Massafra-sez Arti Visive/Ilaria Maldarizzi -L.A.S Massafra-sez Arti Visive/Noemi Penna- L.A.S Massafra-sez Arti Visive/Alessia Palmisano L.A.S Massafra-sez Arti Visive e Giada Tinelli L.A.S Massafra-sez Arti Visive 

 

Qual è il futuro di Homo conductor?
-Il futuro di Homo conductor è Paratissima alla quale siamo invitati per esporre un nostro lavoro per il progetto curatoriale ELOGIO AL CAMALEONTISMO E ALL’INCOERENZA Per sopravvivere al caos contemporaneo a cura di Clara Rodorigo e Margaret Sgarra
All’interno della rassegna condurremo anche un talk con performance che sarà un tentativo di connessione tra Homo conductor e il progetto curatoriale stesso, non vogliamo svelarvi troppo, piuttosto ci vediamo a Torino dal 23 ottobre al 1 novembre.

 

Altri scenari del progetto, rassegne future?
-Si probabilmente si …creando ancora altre sinergie e dilatando sempre più il filo conduttore. A breve uscirà una pubblicazione del nostro ultimo catalogo con un’appendice dedicato ad Homo conductor che sarà curata da professionisti con cui abbiamo molto in comune.

Catalogo dell'evento

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